Ero in prima elementare, la maestra ci chiese di disegnare e di scrivere brevemente cosa volevamo diventare da grandi. Ricordo di non aver avuto dubbi, mi sono guardata attorno e ho notato che tutte le mie compagne disegnavano scarpette da danza classica e tutù... Io no. Io avevo una sorella più grande di 10 anni e disegnavo palloni da pallavolo e maglie azzurre. Lo so. Stupido come sogno, ma sapevo che li volevo dare tutto. Così ho iniziato a sgobbare, le potenzialità erano tante, ma speravo sempre che un talent scout mi scoprisse ad una partita e magari sarei potuta diventare qualcuno di importante. Ho sempre desiderato guadagnarmi da vivere con lo sport, facendo ciò che amavo, ciò che evitava pensieri, ciò che mi spronava a dare sempre si più. Volevo che i miei genitori fossero orgogliosi di me, volevo sentire il peso della nazione sulle spalle, la responsabilità di una colore così bello addosso.
Ora vivo questo sogno attraverso le mani di qualcun altro.
Attraverso le mani di chi la maglia azzurra già la veste, attraverso le mani delle ragazze che alleno, attraverso ciò che io posso insegnare agli altri.
Non importa che maglia indossi, sei sempre responsabile di qualcun altro e come tale devi avere cuore e credere in quello che fai.
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