Oggi è stata la classica giornata da prendere e buttare nel cestino.
La terra sotto i miei piedi non ha ballato, è proprio mancata.
Troppo per essere solo il 25 gennaio.
Non sono pronta ad affrontare un anno così.
Perciò o le cose si sistemano o io mollo.
La mattina è iniziata con un esame, il famoso problemino di salute che affligge il mio corpo da ormai 7 anni si è ripresentato.
Lì.
In bella vista.
Biopsia immediatamente, analisi e sicuramente intervento mirato alla rimozione.
Quello che mi devasta di questa cosa è che io lotto contro un mulino a vento. Non posso prevenirlo, non posso curarlo se non rimuovendolo ogni volta che si presenta.
E probabilmente sarà sempre li.
Ma sono solo le 11 del mattino, non temere Licia, le cose peggioreranno.
Così me ne vado a casa, stanca, scossa, dolorante dentro e fuori.
Raccolgo le mie cose e vado al lavoro e qui la mazzata finale.
Contratto non rinnovato.
Dopo un anno sono nuovamente sul bordo. L'ufficio che tanto ho amato, l'azienda che custodivo nel cuore ritiene che umanamente sia perfetta ma che non sia il ruolo giusto per me.
Così hanno trovato di meglio.
Ho il cervello che scoppia, gli occhi gonfi perchè vorrei solo essere a casa a letto e invece sono qui, davanti a questo schermo, inchiodata per altre 2 ore a fissare l'orologio e a sperare che non suoni il telefono altrimenti rischio di inondare l'ufficio con altre lacrime.
Ciò che mi stravolge così tanto è che avevo iniziato il 2017 con la speranza che questo fosse l'anno della tranquillità, della sistemazione economica sia mia che di Spadino...
E invece ci ritroviamo entrambi a fare i conti con la quotidianità e a rimandare i nostri progetti.
E' tutto così destabilizzante.
Ho bisogno di piedi saldi, di scarpe comode, di spalle coperte, almeno per uno di noi 2.
mercoledì 25 gennaio 2017
venerdì 20 gennaio 2017
CAMBIO CASA
La situazione in cui mi ritrovo ora è simile ad un cambio di casa.
Prima abitavo in una villetta, con molto spazio e ampi locali. Ora mi ritrovo in un miniappartamento senza giardino e sto riarredando casa. Tutto questo è una metafora, ma è la metafora delle mie giornate, delle mie settimane e dei miei mesi. Avevo più tempo per me, avevamo più tempo per noi. Ora dobbiamo imparare a dire ciò che ci serve per la casa nuova perchè lo spazio è piccolo e non ci può stare tutto.
Questa è la mia quotidianità, imparare a chiedere e a dire.
Si chiama comunicazione.
E' diversa dall'empatia.
Comunicazione è quell'aspetto della coppia che ti permettere di non aver paura a parlare dei tuoi bisogni e delle tue necessità, ma qui siamo già ad un livello avanzato se sappiamo quali sono i bisogni e quali sono le necessità.
BISOGNO: Mancanza di qualcosa che sia indispensabile o anche solo opportuna, o di cui si senta il desiderio
NECESSITA': Condizione corrispondente all'impossibilità, assoluta o relativa, di qualsiasi scelta o sostituzione
NECESSITA': Condizione corrispondente all'impossibilità, assoluta o relativa, di qualsiasi scelta o sostituzione
Ognuno ha desideri diversi ma sia davvero capaci di far sapere agli altri quello che ci passa per la testa?!
Non è semplice.
Semplice è non chiedere.
Semplice è aspettarsi che l'altro capisca quello a cui stiamo pensando o quello che in quel momento ci fa soffrire.
Ma nessuno è capace di leggere nel pensiero del proprio partner. So che il master in MAGOMERLINAGGIO non è ancora uscito per l'università.
Quindi guardatevi dentro.
Imparate a guardare in faccia chi vi sta accanto e a dirgli cosa vi passa nella testa, cosa vi causa fastidio e ditegli quanto vi faccia incazzare quando stende male i panni bagnati!
mercoledì 11 gennaio 2017
Maschere
Spadino dorme, è rientrato da poco dal lavoro ed è distrutto.
Io me ne sto qui, accoccolata accanto a lui e penso.
La mia mente fluttua tra diversi scenari che ultimamente mi si stanno parando davanti, ma alla fine tutto è riconducibile ad uno.
Quante e quali maschere portiamo costantemente sulle nostre facce?!
Bella domanda e altrettanto bella potrebbe essere la risposta.
Venerdì ho in programma una visita che mi preoccupa, un esame che devo ripetere ogni anno per verificare di essere in buona salute.
Questa è la mia maschera.
La mia prima maschera.
Nascondo la mia ansia e la mia preoccupazione agli altri per evitare di suscitare compassione e pietà.
La maggior parte delle volte sviluppiamo maschere o comportamenti causati da eventi che ci hanno traumatizzato. La mia maschera deriva dal terrore che ho provato in passato, la possibilità che i sogni di una vita vadano in frantumi e di essere nuovamente in quel limbo dove non sai cosa pensare e come muoverti, o peggio ancora sei su un tavolo operatorio e non ti rimane altro se non aspettare di svegliarti.
Magari mi preoccupo per niente o magari sono preoccupazioni fondate ma la domanda che ora mi faccio è: è giusto non mostrate agli altri ciò che ci preoccupa per evitare di suscitare compassione e pietà?
Forse si, forse no. Forse ho già scombinato tutto scrivendo parte della mia storia qui, o forse nessuno leggerà questo post e di conseguenza nessuno se ne preoccuperà.
Non è la meta finale la mia preoccupazione ma il cammino per arrivarci.
In ogni caso so che per quanto sarà duro il cammino ho giusto un paio di persone a cui posso chiedere di tenermi la mano.
Questa voglia di scrivere nuovamente e di riordinare i pensieri mi viene da lei, mi ha spiegato e ha riportato la mia attenzione sulle cose che prima facevo in automatico.
Io me ne sto qui, accoccolata accanto a lui e penso.
La mia mente fluttua tra diversi scenari che ultimamente mi si stanno parando davanti, ma alla fine tutto è riconducibile ad uno.
Quante e quali maschere portiamo costantemente sulle nostre facce?!
Bella domanda e altrettanto bella potrebbe essere la risposta.
Venerdì ho in programma una visita che mi preoccupa, un esame che devo ripetere ogni anno per verificare di essere in buona salute.
Questa è la mia maschera.
La mia prima maschera.
Nascondo la mia ansia e la mia preoccupazione agli altri per evitare di suscitare compassione e pietà.
La maggior parte delle volte sviluppiamo maschere o comportamenti causati da eventi che ci hanno traumatizzato. La mia maschera deriva dal terrore che ho provato in passato, la possibilità che i sogni di una vita vadano in frantumi e di essere nuovamente in quel limbo dove non sai cosa pensare e come muoverti, o peggio ancora sei su un tavolo operatorio e non ti rimane altro se non aspettare di svegliarti.
Magari mi preoccupo per niente o magari sono preoccupazioni fondate ma la domanda che ora mi faccio è: è giusto non mostrate agli altri ciò che ci preoccupa per evitare di suscitare compassione e pietà?
Forse si, forse no. Forse ho già scombinato tutto scrivendo parte della mia storia qui, o forse nessuno leggerà questo post e di conseguenza nessuno se ne preoccuperà.
Non è la meta finale la mia preoccupazione ma il cammino per arrivarci.
In ogni caso so che per quanto sarà duro il cammino ho giusto un paio di persone a cui posso chiedere di tenermi la mano.
Piccola parentesi
Devo farvi anche una confessione, ho ricominciato a scrivere anche grazie all'aiuto di una persona, diciamo il servizio clienti del cervello, quella persona che ti spiega tramite il libretto di istruzioni come funziona quella grande e complicata macchina che è il tuo cervello. Sto scoprendo cose pazzesche su di me, tipo che ho la sindrome della crocerossina! (... E quale donna non ce l'ha!) Questa voglia di scrivere nuovamente e di riordinare i pensieri mi viene da lei, mi ha spiegato e ha riportato la mia attenzione sulle cose che prima facevo in automatico.
martedì 3 gennaio 2017
Accuse
Questa mia abitudine di usare questo foglio html come diario lentamente sta tornando. O forse sta tornando la mia consapevolezza che le cose non devono andare sempre bene, ne tanto meno rimanere in quel limbo dove semplicemente vanno. Perché in quel caso si tratterebbe solo di apaticità (che per chi non lo sapesse è il non sentire nulla, il lento avanzamento delle cose senza percepirle).
Spadino è qui accanto a me e dorme. Anche lui ha passato un anno non proprio facile, ha lasciato un porto sicuro per il mare aperto, ha lasciato le preoccupazioni che lo affliggevano e ha cercato qualcosa che lo rendesse più libero.
Ha creato cambiamento.
E l'ha trovato.
Ma il cambiamento ha destabilizzato me.
Ha creato talmente tanto scompiglio che come un tornado mi ha investito e lui era nell'occhio del ciclone quindi non ha percepito nulla.
Questo scompiglio mi ha messo di fronte a quello che non facevo da tanto tempo. Mi ha permesso di ricominciare ad essere riflessiva, a pensare alle cose che succedono ed elaborarle.
Stasera ho avuto da discutere con una collega per un errore mio. Non è stato messo in dubbio l'errore ma la buona o presunta mala fede con cui è stato commesso.
A volte mi chiedo come sia possibile essere così superficiale, così sbadata e così distratta per non accorgersi delle cose che semplicemente sono li, scritte nero su bianco.
Devo trovare un metodo.
Devo creare organizzazione e metodologia nella mia vita, nella mia quotidianità.
Devo creare quel qualcosa che mi permetta di essere più efficace e meno deficiente.
Devo mettere in fila le cose.
Devo ricominciare a pensare e non ad agire d'impulso.
Troppi devo.
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